Prima dell’avvento delle tecnologie dei trasporti e della nascita dell’industria del turismo di massa, viaggiare era mettersi in cammino, attraversando boschi, valichi montuosi e sentieri sterrati pieni d’incognite e d’insidie. Tomas Espedal, scrittore e viaggiatore norvegese, oggi come allora, compie i propri viaggi a piedi. Dagli spunti e dalle riflessioni, dal piacere e dalle sofferenze che quest’attività sa dargli, ne ha tratto un libro, che raccoglie e racconta le sue esperienze: “Camminare” (Ponte alle Grazie, 2009).
Al di là della pubblicità dell’industria del turismo di massa, che spaccia luoghi e paesaggi come surrogati di un’esperienza indimenticabile, sono molti i motivi che spingono una persona ad intraprendere un viaggio. La scoperta, la fuga, la voglia di misurarsi e di mettersi in discussione ne sono un esempio. Dopo la lettura di questo libro, se ne potrebbe aggiungere un altro. E’ una sensazione che i viaggiatori backpackers conoscono bene e alla quale, spesso, non si vuole o non si riesce a dare un nome: irrequietezza. L’irrequietezza come sublimazione dello spirito nomade dell’essere umano contemporaneo.
Per quanto la civiltà e il progresso abbiano attutito questa parte istintuale, resisterle è difficile e si sente la necessità di mettersi sulla strada. E’ quanto succede a Tomas Espedal in “Camminare“, un libro di natura introspettiva e diaristica, di uno scrittore norvegese che un bel giorno, improvvisamente, colto da un attacco di nausea esistenzialista, decide di “mollare casa e abitudini, rinunciare a beni e sicurezze, piani futuri e ambizioni per diventare un estraneo”.
Strada facendo scoprirà che nel mettere un piede dietro l’altro si può trovare un motivo per crearsi una ragione di essere e di esistere. In questo l’autore si trova in buona compagnia. Tanti sono stati i filosofi, i poeti e gli scrittori che hanno fatto dell’incedere una virtù. L’esempio più “calzante” è sicuramente quello di Aristotele, i cui pensieri e insegnamenti furono in parte il frutto del suo andare avanti e indietro sotto i portici del Liceo: da qui, infatti, i suoi allievi saranno conosciuti come i “peripatetici”.
Risulta difficile usare la parola viaggio – parola che si declina in tanti significati e di cui spesso si abusa erroneamente – per parlare dei racconti e delle descrizioni di questo autore. Alcune delle sue lunghe “passeggiate” si riveleranno essere dei veri e propri pellegrinaggi. Come quello compiuto a Roche, il peasino della Francia dove Arthur Rimbaud visse e compose i suoi versi più celebri, e dal quale se ne andò per mettersi in cammino. Già, Rimbaud, il poeta viaggiatore, che la paura della noia lo spinse per l’Europa e l’Africa, in cerca delle quintessenze della vita, e che a furia di farlo si rovinò le gambe.
Non solo letteratura. “Camminare” è anche un libro autobiografico, un espediente per mettere a nudo se stesso, le proprie inquietudini, il proprio passato; dove la solitudine è compagna di viaggio e l’ alcool e le donne leniscono le sofferenze del cammino.
Stando soli sulla strada – fa capire l’autore- ci si trova gettati al mondo. Si affinano le intuizioni, ci si tuffa nelle proprie paure e ogni sensazione è restituita amplificata: si vive coscienti di essere sulla terra. Quando ogni impulso smette di chiamarti, quando l’irrequietezza si assopisce, allora è arrivato il momento di tornare a casa, per scrivere del mondo guardandolo da una finestra.
Tomas Espedal è scrittore e viaggiatore. Nato nel 1961 a Fodt (Norvegia), debutta nella narrativa di viaggio nel 1988. Il suo ultimo lavoro ha riscontrato un notevole successo di pubblico, tanto da essere tradotto in buona parte dell’Europa.
Autore: Tomas Espedal
Titolo: Camminare. Dappertutto (anche in città)
Editore: Ponte alle Grazie
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 15 euro
Pagine: 203