Esiste un abisso tra chi soffre di disturbi mentali e il resto del mondo, una voragine chiamata comprensione. Nate Powell riesce, con “Portami via” (Rizzoli Lizard, 2009), ad accorciare questa distanza con un utilizzo equilibrato ma potente di immagini e parole, andando oltre l’asettico linguaggio clinico e svelando ai nostri occhi la vita quotidiana di persone con problemi mentali.
Leggere questo volume significa mettere la testa fuori dal buco e guardare le cose per come sono, anche se fanno paura e sembrano lontane dalla realtà a cui siamo abituati.
Il mondo della follia è speculare al mondo della normalità, ne ricalca ogni aspetto e lo stravolge portando a pensare di essere da un’altra parte mentre il mondo è uno solo e diversa è solo la percezione che se ne ha. Powell rende comprensibile questo concetto con l’aiuto del disegno. Di vignetta in vignetta la vita quotidiana si trasforma nella sua versione distorta e possiamo finalmente vedere con i nostri occhi quello che altrimenti rimarrebbe invisibile; seriose rane parlanti, opprimenti sciami di insetti, spazi vuoti riempiti dalla mente.
Le giornate e le azioni delle persone che vivono in questo mondo sdoppiato si modificano di conseguenza, da una parte i normali che mangiano, dormono e parlano in un certo modo, dall’altra i disturbati che non possono fare altro che reagire al mondo per come lo vedono. Il fumetto di Powell fornisce quindi al lettore un’occasione unica, ossia rendersi conto di come sia fatto un mondo visto con altri occhi. Naturalmente l’abisso di cui si parlava all’inizio è molto più profondo di quanto Powell non riesca a esprimere, ma il suo contributo è impressionante.
Nella cassetta degli attrezzi del fumettista esistono una miriade di strumenti per ogni situazione, ma Powell ha deciso di utilizzarne pochi e rimanere su uno stile scarno che gli permettesse di concentrarsi sul significato simbolico delle immagini. Tutti i disegni sono eseguiti con grande cura dei dettagli, con segno fine e ombreggiature tratteggiate, mentre ampie dosi di inchiostro vengono utilizzate nelle pagine più cupe ed emotive. Il senso finale dello stile di Powell è quello di un disegno liquido che si adatta alla forma di quello che vuole esprimere.
Il fumetto di Powell è paragonabile a “Blankets” (Coconino Press, 2004) di Craig Thompson per lo stile del disegno e la sensibilità con cui vengono raccontate le due storie. Non a caso è stato premiato con gli Eisner e Ignatz Award del 2009, gli stessi premi vinti cinque anni prima da Thompson con “Blankets”. A prescindere dalla fama conquistata, entrambe le opere hanno raggiunto i più alti livelli del fumetto d’autore, e l’affetto dei lettori non fa che confermarlo. Questa è letteratura a fumetti.
Descrivendo Nate Powell non è fuori luogo utilizzare l’aggettivo poliedrico. Powell, oltre a essere un fumettista, si occupa anche di persone con problemi di disabilità dello sviluppo, da cui la profonda esperienza nei temi di “Portami via”, ha fondato l’etichetta discografica Harlan Records, ha suonato in numerose band punk e ha cantato hip-hop con il nome di Featherweight (Pesopiuma) MC. Al momento sta lavorando ai fumetti “Any Empire” e “The Silence Of Our Friends”.
Considerato uno dei più talentuosi fumettisti del panorama attuale, Nate Powell (1978, Little Rock, Arkansas) scrive, disegna e pubblica fumetti da quando aveva quattordici anni. Da molto tempo impegnato nell’assistenza ad adulti con disturbi evolutivi – esperienza di fatto determinante per l’ideazione e la stesura di Portami via – è anche appassionato di musica: ha una propria etichetta discografica (la Harlan Records) ed è membro di diverse punk band.
Autore: Nate Powell
Titolo: Portami via
Editore: Rizzoli Lizard
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 17,50
Pagine: 224