“La musica liberata” (Arcana, 2009) di Luca Castelli, racconta l’ultimo decennio di storia e intrecci tra la musica e le tecnologie. Un racconto coinvolgente, che aiuta a mettere ordine a eventi e notizie di cui si è in molti casi stati attivi partecipanti o semplici spettatori e che fornisce un quadro completo a quelle informazioni che, magari, sono passate di fianco a noi, su qualche titolo di blog o giornale, e a cui non si è poi tanto posta una tale attenzione da scoprirne l’epilogo.
Ecco, qui, si trova un modo per approfondire l’evoluzione del mondo musicale, attraverso l’occhio di un giovane contemporaneo e la sua stessa esperienza, dalle audiocassette registrate degli anni ’90 alle playlist in streaming del giorno d’oggi. Ci si può fermare, si può cogliere la poesia e la nostalgia di musiche-colonne sonore che hanno accompagnato l’autore e in cui magari ci si può ritrovare, al contempo si può riflettere su come il business musicale stia cambiando e come i diversi player si stiano muovendo, gli artisti, le major, i distributori e gli stessi utenti, spaziando dai dinosauri reazionari ancorati ai vecchi modelli ai temerari esploratori in cerca di modalità di fruizione in linea con le nuove abitudini dell’onniutente contemporaneo.
Il libro si suddivide in tre macro periodi: la fase di nascita della digitalizzazione della musica, la fase del web 2.0 e la fase odierna, con domande sulle prospettive future. La prima fase risale a 10 anni fa ed è identificabile con l’estate del 1999, quando Shawn Fanning distribuì ai suoi amici la prima versione di Napster.
Prima la musica aveva bisogno di un supporto fisico, con costi di produzione, distribuzione e vendita. La scelta era limitata all’ampiezza degli spazi del punto vendita stesso, e le novità o le band più esotiche si potevano scoprire grazie alle riviste specializzate. Nel 1998 CDNow permetteva di acquistare i Cd via Internet e la scelta aumentava, aprendo la strada per quello che successivamente sarebbe stato il successo di siti come Amazon, grazie all’offerta per una coda lunga di appassionati.
È grazie alla nascita dell’mp3 nel 1995 e alla successiva scoperta del P2P che Internet ha mostrato al mondo intero come ottenere e condividere musica gratis. In questa situazione si sono concretizzate allo stesso modo anche le paure della grande industria discografica, che ha visto gli ascoltatori in possesso di nuovi strumenti in grado di violare il diritto esclusivo di copia. Negli anni ’80 furono le audiocassette e i vhs, nel decennio successivo si trattò dei Cd pirata, con l’mp3 era il cliente stesso il nemico numero uno.
Poi è arrivato l’autunno 2001 e Steve Jobs con l’iPod ha reso ancora più piacevole e emozionante l’ascolto della musica, sdoganando nuove modalità di fruizione e aprendo, con l’iTunes Music Store, una porta alternativa e legalizzata di accesso alle major per la vendita di musica online. Con il web 2.0 e la diffusione dei social network la musica ha cominciato a vivere in rete non solo nella sua veste di contenuto scambiato, copiato e condiviso: si è trattato di trasformare la musica stessa, cozzando ancora contro le idee alla base della legislazione del copyright. È questo il momento dei mash up, del remix, come già approfondito da Lessig.
Nell’autunno 2007 i Radiohead pubblicano su Internet il nuovo album “In Rainbows“, con la clausola che il prezzo sia up to you, a discrezione dell’utente a partire da zero. Non è la prima band che ha fatto una cosa simile, ma di sicuro la prima che ha portato alla conoscenza del pubblico e dei media una sfida nei confronti delle major, indaffarate a salvaguardare la diffusione e distribuzione di CD e Dvd.
Giungendo a definire le differenze di bitrate (e quindi di qualità audio) dei diversi supporti, nonché trattando della loudness war che gli orecchi più fini hanno distinto, Castelli ci offre uno spaccato digitale della situazione della musica odierna e di come viene vissuta, intrecciando riflessioni attuali sulle modalità di fruizione, sulle evoluzioni comunicazionali per una band, fornendo gli esempi di grandi artisti come i Metallica o i Coldplay, interrogandosi per quegli artisti agli esordi, le cui possibilità online sono infinite (per l’onniutente la rete è il paradiso dell’abbondanza informativa, in questo caso specificamente musicale), ma per cui è comunque necessario farsi conoscere al mondo, fossero almeno un migliaio di fan.
Luca Castelli nasce a Torino nel 1976, giornalista freelance, collabora con periodici, quotidiani, siti e blog. Lo potete trovare qui: http://cabaldixiti.blogspot.com.
Autore: Luca Castelli
Titolo: La musica liberata
Editore: Arcana
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 16,50 euro
Pagine: 283