“La via per Kabul“ (Il Saggiatore, 2009) di Annemarie Schwarzenbach è un libro affascinante, coinvolgente, intenso su un viaggio fatto dall’autrice nel 1939 a bordo di una Ford ed in compagnia dell’amica scrittrice Ella Mailart.
Al fine di lasciarsi alle spalle una lunga terapia di disintossicazione e l’amore tormentato per Erika Mann.
Scritto sotto forma di diario il libro contiene annotazioni di pensieri, impressioni e confessioni spesso anche personali su temi e aspetti legati sia al viaggio ma soprattutto alla vita delle due protagoniste che, affascinate dall’Afghanistan, disgustate da una civiltà occidentale e fortemente attratte da una vita semplice e nomade, decidono di dirigersi verso un paese arcaico molto diverso dall’Europa, con una cultura originale e politicamente indipendente, con il solo obiettivo di “ottenere un attimo di respiro e riscoprire la nostalgia dell’assoluto, la reale motivazione di ogni vero viaggiatore.”
Il libro è suddiviso in sette capitoli ognuno dei quali dedicato ad un aspetto dell’Afghanistan: l’Ararat, la steppa, le donne di Kabul, la riva dell’ Oxus, il viaggio verso Cihil Sutun e quello verso Peshawar; l’avventura delle due protagoniste va dalla Turchia alla Persia sino ad arrivare agli altipiani afghani ed in breve tempo si trasforma in una vera e propria occasione per esplorare sia il mondo esterno e circostante che quello interiore ed intimo mettendo a dura prova certezze e paure per riscoprire poi i propri limiti e le proprie debolezze, ciò che la stessa Annemarie ha definito “un concentrato della nostra esistenza”.
Splendide le descrizioni fatte dall’autrice sui paesaggi, sui colori di queste terre, sui loro profumi, sugli usi ed i costumi: bere il tè nelle tende color giallo ocra delle tribù pashtun o percorrere brevi tragitti che si trasformano in lunghe e meditative peregrinazioni. Due donne coraggiose ed emancipate, Annemarie ed Ella, che da sole attraversano tempeste di sabbia viaggiando senza mai indossare il velo in un paese rigidamente islamico, interrogandosi su temi attuali ed importanti che riguardano la condizione della donna e domandandosi come sia vivere la vita all’ombra del chador.
“…Erano ragazze, madri, vecchie, che età avevano, erano allegre o tristi? belle o brutte? Come vivevano, che cosa facevano? A chi andava la loro attenzione, il loro amore o il loro odio?… Quando queste ragazze uscivano dal giardino portavano il chador e vedevano il mondo esterno solo attraverso la piccola grata traforata che nascondeva il loro volto agli occhi curiosi degli uomini… e so bene che questi esseri impauriti, indifesi, vedono, attraverso la grata che copre loro gli occhi, appena quel tanto che basta per evitare i cammelli che avanzano, vivendo in una paura costante.”
Molti anche i riferimenti geografici sui luoghi, come quelli fatti su Pamir e Hindu Kush, di cui Annemarie parla minuziosamente nel suo diario annotandone ogni singola sfumatura, luoghi che diventano “suono, colore, ricordo e mistero..”.
Annemarie Schwarzenbach, scrittrice, giornalista, fotografa, è nata a Zurigo nel 1908 ed è morta a soli trentaquattro anni in un incidente stradale. Fu una delle controverse protagoniste della vita culturale bohémien tra la la Prima e la Seconda Guerra Mondiale; ha scritto articoli, saggi, reportage, romanzi e racconti. Il saggiatore ha pubblicato “Dalla parte dell’ombra” (2001) e “Oltre New York” (2004).
Autore: Annemarie Schwarzenbach
Titolo: La via per Kabul.Turchia, Persia, Afghanistan 1939-1940
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 8,50
Pagine: 160