“Tra Arcore e Stoccolma, la distanza in linea d’aria è di 1633 chilometri. La prima conta meno di ventimila abitanti e la seconda quasi due milioni; l’una si estende su nove chilometri quadrati e l’altra su oltre seimila. Ma c’è un fattore che può accomunare le due città: è il termine «sindrome», cioè il complesso dei sintomi – come recita il vocabolario – che denunciano una situazione morbosa senza costituire di per sé una malattia autonoma“. Lo dice Giovanni Valentini ne “La sindrome di Arcore” (Longanesi, 2009).
È cosi che l’autore, 61 anni, autorevole editorialista di Repubblica, racconta “l’uomo di Arcore“ e del suo potere mediatico che ha alterato il senso comune degli italiani, compresi quelli che non votano per lui, modificando nel bene o nel male i loro valori e stili di vita. Nel 1994 con la sua discesa in campo, annunciata alla nazione con uno spot televisivo, il Cavaliere spacca l’opinione pubblica nazionale in due grandi partiti contrapposti: i filoberlusconiani e gli antiberlusconiani, tanto fanatici e ossequiosi i primi quanto irriducibili e invidiosi i secondi.
Arcore è la cittadina della Brianza, dove si trova Villa San Martino, la residenza privata di Silvio Berlusconi. Da lì nasce la famosa sindrome che contagia gli italiani, ipnotizzati dal loro tiranno mediatico e attuale Presidente del Consiglio. Stoccolma, è la capitale della Svezia, e dal suo nome si identifica la famose sindrome che secondo il dizionario di psicologia ispira nel prigioniero sentimenti positivi o addirittura l’innamoramento nei confronti del suo carceriere. Se ne parla a volte nei sequestri di persona e in particolare in quelli che hanno per vittima una donna…
Che cosa avrebbe fatto senza le televisioni? Avrebbe vinto ugualmente le elezioni per tre volte in quindici anni? Il “fenomeno Berlusconi” si sarebbe affermato e consolidato allo stesso modo? L´avvento della tv commerciale negli anni Ottanta intercetta un bisogno di cambiamento e di modernizzazione della società Italiana. E la rivoluzione televisiva diviene rivoluzione culturale di massa che trasforma il senso comune, prigioniero della nuova sudditanza psicologica della tv commerciale.
A Berlusconi va riconosciuto il primato di questa trasformazione del pensiero dominante, mentre ai suoi avversari politici va il demerito di non aver saputo proporre un programma efficiente di riforma politica e sociale vincente.
Si può ancora, nell´Italia di oggi, non essere berlusconiani? Oppure, prima o poi, dobbiamo diventarlo tutti per decreto? Ma la crisi economica globale minaccia di mettere fuori gioco il berlusconismo – inteso come un impasto di individualismo esasperato, edonismo e iperconsumismo – con tutti i suoi miti e le sue false illusioni.
Giovanni Valentini, 61 anni, giornalista, scrive per il quotidiano la Repubblica, dove tiene la rubrica settimanale Il Sabato del Villaggio, dedicata ai problemi dell’informazione, con cui ha vinto il Premio Saint-Vincent di giornalismo 2000. Nel quotidiano fondato da Eugenio Scalfari è stato inviato speciale, capo della redazione milanese e poi vicedirettore. Ha diretto i settimanali L’Europeo e L’Espresso, oltre ai quotidiani veneti il mattino di Padova e la tribuna di Treviso. È autore di diversi libri, tra cui La via europea (SugarCo, 1979); Un certo Carlo Maria Martini. La rivoluzione del Cardinale (Sperling & Kupfer, 1984); Il mistero della Sapienza (Baldini & Castoldi, 1999), sul caso Marta Russo; Media Village. L’informazione nell’era di Internet (Donzelli, 2000) e, con Antonio Di Pietro, Intervista su Tangentopoli (Laterza, 2000).
Voto: 6
Autore: Giovanni Valentini
Titolo: La sindrome di Arcore
Editore: Longanesi
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 14 euro
Pagine: 144