In che condizioni versa la lingua italiana? Se il congiuntivo è ormai agonizzante, tanto da richiedere la fondazione del SIC (comitato per la difesa e la diffusione del congiuntivo), il pronome non se la passa meglio. Eppure, la situazione della nostra lingua non è poi così grave come viene dipinta. A sostenerlo è Andrea De Benedetti in “Val più la pratica” (Laterza, 2009), piccola grammatica immorale della lingua italiana – così recita il sottotitolo – dove l’autore fa le pulci ai guardiani dell’ortodossia del bel parlare.
“Allora ragioniere che fa, batti?”, “Che mi dà del tu?“, “No, dicevo batti, batti lei!“, “Ah, è un congiuntivo…”
L’intramontabile dialogo tra il rag. Ugo Fantozzi ed il suo collega Filini durante un incontro di tennis, potrebbe essere l’emblema della condizione precaria in cui versa la bistrattata lingua di Dante. Colpa della televisione e di Internet? Non proprio. In tempi non sospetti il linguista Tullio De Mauro fece notare che grazie alla televisione stessa, gran parte degli italiani impararono ad esprimersi correttemente. Per altri studiosi, l’avvento delle nuove tecnologie della comunicazione ha visto aumentare il numero di coloro che usano la lingua scritta.
Allora perché ci sono ancora persone che apostrofano “qual” e incappano in errori di sintassi? La risposta sembrerebbe trovarsi all’interno della grammatica italiana, così piena d’insidie e trabocchetti da far fare brutte figure anche a giornalisti e politici. Ma se sugli errori da matita blu non si transige, sul resto qualche dubbio s’insinua.
Prendendo in considerazione un’ampia casisitica di periodi, dialoghi e regole grammaticali, il libro porta all’attenzione del lettore aspetti linguistici su cui spesso non ci soffermiamo e che con il tempo sono diventati comuni modi di dire, a volte neanche sbagliati. Riletti e commentati in maniera leggera, questi casi danno lo spunto per riflettere su come la logica che governa la lingua non è un assioma cartesiano dal quale bisogna sempre prescindere.
In maniera neanche tanto velata l’autore se la “prende” con quelli che lui definisce i neo-crusc, gli zelanti accademici della nostra lingua, riluttanti a dare il loro beneplacito su aggettivi e coniugazioni verbali. La loro “colpa” sarebbe quella di essere miopi difronte al fatto che alcuni fenomeni della lingua non sono riconducibili a regole, e che alcune di queste hanno formulazioni vaghe e imprecise.
Sebbene alcuni passaggi possano dare l’impressione di assistere ad una disputa tra strutturalisti e formalisiti del linguaggio, o peggio, di risvegliare i fantasmi di un passato scolastico non troppo brillante, “Val più la pratica” è un’interessante e piacevole lettura sulle pratiche quotidiane del parlare e dello scrivere, per evitare strafalcioni imbarazzanti e fare pace con la grammatica italiana.
Andrea De Benedetti ha insegnato per nove anni Linguistica italiana all’Università di Granada prima di convertirsi in free-lance ad ampio spettro come giornalista e docente a contratto presso svariate università e scuole di specializzazione. Editorialista sportivo del “manifesto”, collabora con le riviste “D-la Repubblica delle Donne”, “GQ” e “Guerin Sportivo”. Tra le sue pubblicazioni, L’informazione liofilizzata (Firenze 2004), sul linguaggio dei titoli di giornale, e Ogni bel gioco (Cuneo 2006), raccolta di sguardi semiseri sugli sport minori.
Voto: 7
Autore: Andrea De Benedetti
Titolo: Val più la pratica
Editore: Laterza
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 14 euro
Pagine: 190