Dire Pink Floyd, significa tirare in ballo la storia della musica. E non solo, storia del novecento si dovrebbe dire. Sì, perché la loro musica ha un valore inestimabile, come possono essere le sinfonie di un Beethoven o di un Bach. Inquadrare il quintetto di Londra, collocarlo nell’emisfero che spetta loro, è stato già fatto e anche piuttosto bene, ma questo nuovo volume, “The lunatic“ (Arcana, 2008-2009), curato da Alessandro Besselva Averame, riesce attraverso il commento ai testi a disegnare con formidabile precisione figure istrioniche come quelle di Roger Waters e Syd Barrett.
Oggetto del lavoro sono i testi tout court, nella loro essenziale bellezza fino quasi a comporre una architettura ideale del progetto musicale messo in atto quaranta anni fa. Il tono volutamente sommesso e pacato della narrazione ci proiettano in una dimensione onirica, fino ad assumere quel linguaggio immediato o quella voce bassa che servono per raccontare qualcosa di bello, una fiaba o una poesia.
Il percorso a ritroso ci riporta agli inizi, all’epicentro anglosassone che ha lasciato andare quell’energia squisitamente musicale e poetica che si è protratta intorno a sé, negli anni. I primi successi, il clamore di album come The dark side of the moon, i concerti, la rivoluzione culturale di quegli anni. Il vortice psichedelico della musica rock, il progressive, la voglia di stupire e di ricercare sonorità e linguaggi nuovi.
Arte e industria discografica, personalismi e voglia di condivisione, sudore e meditazione. Besselva Averame si muove con la forza del fan e dell’amore viscerale per questa band ma con gli strumenti dello storico, attento e preciso nei dettagli, incapace di lasciare spazi bianchi o incomprensibili.
Non è difatti una biografia né un crudo apparato paratestuale, è una ricerca filologica e concettuale, che si muove con un metodo ben preciso, quello che permette di capire il volto di Giano insito in tutte le cose. Da una parte Waters, dall’altra Barrett: pragmatismo e intellettualismo da un lato, introspezione e paranoia dall’altro.
Una attenta rilettura dei testi sfata la riduzione del corpus musicale a risultato di psicopatie giovanili e ci presenta una interiorizzazione fortissima che è disgregazione, flusso di coscienza e riedificazione. L’autore riesce nell’intento, indovina il tempo e il linguaggio ma non sempre riesce a “parlare” a tutti, un libro che non è per neofiti ma per chi in quelle canzoni, in quei testi e in quelle musiche cerca di ritrovare il legame con le proprie viscere o con l’altro lato di se stessi, quello oscuro e invisibile della luna.
Alessandro Besselva Averame è critico musicale e letterario, collaboratore da molti anni della rivista Il Mucchio Selvaggio e del Mucchio Extra, è al suo terzo libro per Arcana, dopo aver scritto “Radiohead” con il collega Gianluca Testani (Arcana 2003) e “Badly Drawn Boy – One man band” (Arcana 2004).