La poesia oggi non è altro che uno spazio silenzioso, una ricerca tutta personale ed individuale di soluzioni linguistiche nuove, un bisogno innato di condividere o esprimere pensieri, sentimenti, digressioni immaginifiche. Nicolò Sorriga con questa sua prima silloge “Se la polvere non germoglia“ (Editrice UniService, 2009), riesce a tracciare una linea invisibile che lega un percorso intimistico dai tratti delicati ad una rabbia giovanile educata da un bagaglio di letture variegato e composito.
Appaiono qua le contaminazioni culturali che vanno dal “maledettismo” francese alla generazione “sbattuta e beata” dell’America degli anni cinquanta. L’epigrafe iniziale, con la dedica a Rimbaud e a Corso, conduce queste letture ad una dimensione rarefatta, come se questi poeti apparissero in qualità di numi tutelari e non di semplici ispiratori. Non v’è infatti mimetismo o imitazione ma un richiamo continuo e costante, il desiderio di intraprendere un percorso che è continuum con la poesia che lo ha preceduto.
Il volume si apre con un testo, Verso casa, che sembra rimandare ad un ritorno ma che, a conti fatti, appare più come una sorta di primo manifesto poetico, l’incipit di un viaggio iniziatico: “Scelgo la luna a un pollice dal naso / respiro l’inverno e chimiche sostanze / […] / Srotolo alla notte l’uomo vivo / accompagno nel vento i giochi segreti“. L’ultimo verso, un solitario e lapidario “Sono qui“, è un grido gutturale, il desiderio di rimanere attaccati alla realtà, di ribadire la propria presenza, il proprio “esistere” in questo mondo.
In ogni verso si sente una soffusa musica jazz, si respira un piacevole odore di caffè e di vino, simbolo di ebbrezza ma non di ubriacatura. È come se il poeta volesse ricoprire i suoi versi con un telo di nebbia soffusa, quasi a voler rendere meno impenetrabile il paesaggio che gli si presenta di fronte. Non si tratta di un viaggio infernale ma di un volontario ritorno alle origini, farsi ἀοιδός e estraniarsi per vedere e udire ben oltre la realtà accessibile a tutti. Per questo il “maledettismo” di Sorriga è personalissimo, tralascia il “pestifero” per lasciare spiragli, seppur piccolissimi, di speranza.
Per alcuni aspetti mi sento di chiamare in causa Ferlinghetti, con la sua poesia come arte che insorge e con il suo colto percorso di incanalatura degli aspetti più disparati. Amore decadente, furore, passione civile, delusioni e lutto: il poeta raccoglie tutto e prende appunti, trascrive, declama. “Ritrovarsi allo stesso punto di una vita / è l’unica ansia. / Significato-odore-sguardo / di rivoluzioni fallite / lo capisce solo chi profuma di nuovo. / Nessuno / sembra avere nasi adeguati / per questo tempo“. Una lettera, un unico fonema, messo tra parentesi, a modificare un titolo, Ri(N)voluzione, ma soprattutto a tratteggiare un senso di delusione e di straniamento, quello che ti fa sentire non migliore, ma sicuramente diverso dagli altri.
Il poeta Nicolò Sorriga è nato a Roma il 13 maggio 1984. L’amore e la passione per la poesia lo hanno condotto ad esplorare e alimentarsi delle opere dei poeti “maledetti” e dei poeti americani della generazione Beat. “Se la polvere non germoglia” è una raccolta di poesie che rappresentano la scelta di aver intrapreso un percorso di crescita personale e di ricerca.