“Visioni di moda” (FrancoAngeli, 2008) a cura di Antonella Mascio è un testo che pone l’accento sul problema della moda, sulla sua collocazione e rappresentazione. Un testo che chiarisce le forme che essa assume.
Partiamo dal focus centrale del libro. Quali sono le visioni della moda nel 2009?
“Le “visioni” non vogliono essere necessariamente collocate in uno spazio-tempo del futuro. La “visione” riguarda lo spettro diverso di approcci, oggetti, punti di vista che possono essere utilizzati per descrivere la moda e i suoi elementi. Per questi motivi si è scelto di strutturare il libro considerando due assunti di base, necessari per tracciare un perimetro di riferimento: da un lato la moda viene considerata come campo di studi transdisciplinare; dall’altro come insieme di fatti culturali, da cui osservare comportamenti e pratiche del sociale. All’interno di questi confini si collocano le prospettive adottate dagli autori: Maria Giuseppina Muzzarelli e Nicoletta Giusti (visioni teoriche); Maria Catricalà e Elisa Tosi Brandi (visioni storiche); Simona Segre Reinach e Giovanna Cosenza (visioni estetiche e identitarie); Simona Ironico e Pierluigi Cervelli (visioni comunicative); Elena Codeluppi, Francesco Galofaro e Antonella Mascio (visioni global).”
La storia. Come è stata vista e concepita la moda in passato?
“Non è possibile in poche righe dare una risposta corretta per questa domanda. Naturalmente possiamo far riferimento ai diversi passaggi che le società – e dunque la regolamentazione dei loro costumi prima e abiti poi – hanno vissuto fino ad arrivare alle diverse possibilità attuali di abbiagliamento, riconducibili talvolta a quel “supermercato degli stili” citato da Polhemus. Nel libro il saggio della Muzzarelli offre molti spunti e approfondimenti rispetto alla storia della moda; quello di Catricalà e Tosi Brandi si riferiscono a analisi specifiche. Il primo sui marchi e le loro storie, mentre il secondo è dedicato a un illustre illustratore: Gruau.”
Nel libro si fa riferimento alla teoria del trickel down, secondo cui sarebbero l’ultima moda sarebbe lanciata dalle classi superiori per poi propagarsi verso il basso. Un suo pensiero.
“Del trickle down nel libro si occupa la Giusti, che in realtà ne propone un approfondimento teorico e insieme una critica. Anche in passato linfatti la teoria per cui la moda passava dalle classi superiori a quelle inferiori non funzionava e molti studi empirici lo hanno dimostrato. La Giusti propone quindi di uscire dalla diatriba “top down – bottom up”, che in fondo non é mai stata cosi’ importante per capire la moda e oggi lo é meno che meno: la moda é entata a pieno titolo nella postmodernità anche se chi parla ancora di trickle down non se ne é accorto.”
Comunicare la moda. I mass media come gestiscono l’immagine di questo settore?
“I media sono fondamentali per far conoscere brand e griffe. Nel libro si affronta soprattutto la comunicazione via Internet che non coincide naturalmente con i soli “siti-vetrina”. Anzi, viene proposta un’indagine realizzata per mezzo di siti autogestiti legati all’est Europa, importanti proprio per il loro essere serbatoi di informazioni, immagini, suggestioni, stili.”
Nel testo si parla di “cultura della moda”. Cosa può dirci a riguardo?
“Di cultura della moda si parla trasversalmente in tutto il libro naturalmente. Anzi i diversi saggi sono proposte di osservazione del mondo del fashion e dunque della cultura (o meglio delle culture) che esprime.”
Quali sono i meriti e le colpe della moda contemporanea?
“La moda comprende una moltitudine di aspetti della vita sociale e diviene talvolta la chiave d’accesso per studiare comportamenti e costruzioni identitarie. Affrontare l’universo del fashion significa perciò occuparsi non solo dei suoi oggetti (abiti, accessori…) ma considerare anche aspetti culturali più ampi che li contestualizzano e li dotano di senso, ampliando necessariamente la prospettiva d’analisi, poiché la moda riesce a permerare anche ciò che in prima istanza sembrerebbe non appartenerle affatto. Con questo intendo dire che la moda sempre più appartiene alla “everyday life” delle persone e dunque non può essere sintetizzata solo in un repertorio di oggetti. A mio parere non si può parlare di “meriti” o di “colpe”: la moda è il prodotto di una cultura, sempre meno circoscrivibile a un’area geografica, perchè – anche grazie ai media – sempre più globalizzata. Inoltre l’attuale società – sempre più frammentata – non più piramidale e ci si veste anche per esprimere una delle molte possibili identità che ci descrivono o che vorremmo ci descrivessero: per fare affermazioni politiche, per mettere in discussione categorie di genere, per essere per un’ora un personaggio di rotocalchi o di un film.”
Antonella Mascio svolge attività di ricerca presso il dipartimento di Discipline della Comunicazione dell’Università di Bologna; collabora alla didattica per i corsi di laurea di Culture e Tecniche del Costume e della Moda e Sistemi e Comunicazione della Moda (Università di Bologna, sede di Rimini); di Scienze della comunicazione (Università di Bologna e Università S. Raffaele, Milano). Da alcuni anni si occupa sia delle relazioni sociali presenti online, sia del rapporto fra moda e Internet, a cui ha dedicato diversi articoli. Di recente pubblicazione il volume Virtuali Comunità (2008).