In uno stretto abito bianco, Rosita Celentano ha presentato a Milano il suo primo libro, sfoggiando carisma brillante e buona dose d’autoironia. Indispensabili per scrivere un’opera dal titolo: “Grazie a Dio ho le corna” (Salani, 2009).
Il volume è una riflessione leggera e franca sul tradimento nel rapporto di coppia, ma anche un modo originale che la Celentano ha trovato per raccontare se stessa. Non mancano, infatti, rivelazioni sulla sua vita privata: le prime infatuazioni, come le prime delusioni in amore, i consigli paterni e quelli materni, inevitabilmente in contrasto.
Uno dei punti cardini del libro sembra proprio la distanza tra il mondo maschile e quello femminile. Secondo una disincantata frase dell’autrice, le donne sono “anima e istinto”, mentre gli uomini “muscoli e pisello”, da cui, tuttavia, si ricava una conclusione che ha lasciato insoddisfatte anche le femministe. Agli uomini, infatti, il tradimento è concesso più che alle donne, in quanto per i primi il sesso è soprattutto gioco, spesso lontano dall’amore, mentre per le seconde l’infedeltà arriva sempre come sintomo di una crisi seria nel rapporto.
In definitiva agli uomini non è attribuita alcuna anima e alle donne non è assegnato un libero desiderio sessuale. Qualcuno taccia questa teoria di filomedioevalismo, ma la Celentano si difende affermando: “Forse sono una vecchia zia, ma è così che la penso“.
Più condivisibile risulta, però, il suo appello per una maggior solidarietà femminile. Le donne, dice, sono soprattutto rivali e mai alleate e questa è la vera fragilità del cosiddetto sesso debole. Discorso più che mai attuale nelle nuove generazioni, in cui, secondo la Celentano, le ragazze non solo sono sempre più disposte al sesso libero, ma hanno persino perduto il vero senso della femminilità, assimilando valori prettamente maschili, quali il cinismo e la rinuncia alla vita sentimentale. Il vero femminismo non starebbe nell’abbassare le donne al modo di pensare maschile, ma nel portare gli uomini a condividere gli ideali del mondo femminile.
Si giunge, quindi, quasi senza accorgersene a delle acute riflessioni sociali, senza peraltro scivolare in alcuna amarezza. Il libro della Celentano non è, infatti, lo sfogo di una persona ferita, ma un monologo vivace e traboccante humour, capace di intrattenere e divertire il suo pubblico.
Rosita Celentano, classe 1965, milanese, inizia la sua carriera di attrice nel 1974, recitando in Yuppi Du al fianco del padre Adriano. Da allora alterna la scrittura di programmi e sceneggiature con l’attività nel cinema e in televisione, presentando tra l’altro il Festival di Sanremo del 1989 insieme a Paola Dominguin, Gian Marco Tognazzi e Danny Quinn e tre edizioni del Sabato del villaggio su Rete4; dal 2000 al 2001 fa parte del cast di Domenica In su RaiUno e nel settembre del 2001 esordisce nel suo primo talk-show su La7, Tema, interamente scritto e condotto da lei. Del 2006 è la partecipazione a Reality Circus, mentre dal 2007 al 2008 scrive e conduce il programma Senza vergogna su RTL 102.5.