Ristampato “Lasciami entrare” (Marsilio, 2006), il poetico e surreale romanzo di John Ajvide Lindqvist portato al cinema dal bellissimo film di Tomas Alfredson: sullo sfondo di una Stoccolma periferica si intrecciano storie d’amore, di amicizia e di vampiri.
“Lasciami entrare” è un libro anomalo che si muove su diversi piani, sovrapponendoli e separandoli con una facilità incredibile. Lindqvist decide di frequentare il genere legato alla tradizione ormai millenaria di queste creature quasi umane che si nutrono di sangue e che non sopravvivono alla luce del giorno ma il modo di raccontare la sua storia non ha niente a che vedere con le opere che lo hanno preceduto. Il fantasy e l’horror sono appena sfiorati, si accenna il thriller, si tenta la ricerca psicologica. Una narrazione volutamente lenta lascia lo spazio a ripetuti slanci poetici che si uniscono ad un linguaggio fortemente lirico. Sullo sfondo una Stoccolma diversissima da quella che abbiamo imparato ad amare con la trilogia di Stieg Larsson: una città contraddittoria che nella sua periferia scopre la povertà e il legame ancora vivissimo tra la metropoli e la natura, tra l’uomo e la foresta.
In costante contrapposizione i colori con cui lo scrittore dipinge le diverse trame del racconto. C’è il bianco della neve, sempre presente, e della purezza dell’amore di due ragazzi di dodici anni (lui nel pieno delle difficoltà, lei nel dramma dell’eternità); c’è il nero della notte, delle tenebre, della foresta (al tempo stesso benigna e maligna); c’è il rosso del sangue, sangue che è vita ma anche sopravvivenza e morte. Non ci sono buoni e cattivi in questa storia, tutti vengono assolti. Viene assolto chi uccide perché è l’unico modo per vivere, chi uccide per paura di perdere l’unica persona che lo tiene aggrappato a una realtà diventata pesantissima. Viene assolta anche una società che non riesce a vedere oltre il proprio naso, che non capisce il dolore dei proprio figli, che nell’ebbrezza dell’alcol cerca di nascondere le proprie miseria, i propri dolori, il senso asfissiante della sconfitta.
Mentre si legge questo romanzo si sente un forte senso di leggerezza: il sangue e la morte, così come la solitudine, la paura e l’amore, assumono un valore quanto mai umano e naturale, il contorno di un qualcosa che si sussurra all’orecchio, niente appare impossibile, neanche il fantasioso o l’orribile espressione del mostruoso. Sarà il ritmo oppure il linguaggio, la scansione del tempo o la psicologia dei personaggi, ma tutto ricorda il microcosmo della favola: una fiaba amara e terribile, ma al tempo stesso dolce ed eterna.
Inutile dipanare la trama, anzi le trame che si intrecciano in questo sofisticato romanzo svedese: un bambino che soffre il peso della sua età, acuito tra l’altro da un gruppo di teppistelli coetanei, incontra una bambina che si scoprirà non essere umana; intorno a lei si muove un uomo gravemente toccato da una forma di pederastia. Tra i due quasi coetanei (lei avrà quella età in eterno) nasce una profonda amicizia pregna d’amore nel contesto contraddittorio della realtà circostante. Poi una serie di morti, atte a giustificare il bisogno di sopravvivenza. Dei vampiri, come degli uomini.
John Ajvide Lindqvist, nato in Svezia nel 1968, è cresciuto nel quartiere di Blackeberg, a Stoccolma. Ha fatto per anni il prestigiatore, è autore televisivo e ha scritto sceneggiature e testi teatrali. Best-seller in Svezia, in corso di traduzione in numerosi paesi, Lasciami entrare è il suo primo romanzo, da cui presto sarà tratto un film con la regia di Tomas Alfredsson. Di questi mesi una nuova pubblicazione per Marsilio, il suo secondo romanzo, L’estate dei morti viventi.