Federica Angeli ed Emilio Radice, giornalisti de La Repubblica, sono gli autori di “Rose al veleno, stalking” (Bompiani, 2009). Un dramma che, secondo l’ISTAT, colpisce oltre 7 milioni di persone in Italia con violenze fisiche e/o psichiche. L”inchiesta porta alla luce un tema poco trattato dai media.
Rose al veleno. Un titolo poetico, enigmatico, forte. Cosa lascia una ferita da stalking?
“Lascia paura, insicurezza e sfiducia nel futuro partner. Le donne conosciute nel corso dell’inchiesta sono tutte molto provate psicologicamente, col terrore di ricominciare e di innamorarsi.”
Lo stalker, un maniaco “psicologico” ossessivo. Come definirebbe questo profilo criminale dopo l’esperienza di questo libro?
“Lascerei la definizione di “profilo criminale” agli addetti ai lavori. Quel che invece mi sento di rispondere è che i due stalker – una donna e un uomo – che abbiamo intervistato per il nostro libro, sono persone assolutamente normali, una interprete parlamentare e un giornalista di un noto quotidiano. Gli stalker non sono tutti soggetti patologici o con forti problematiche latenti; al contario spesso e volentieri questi meccanismi ossessivi vengono a galla senza preavvisi. E la cosa è ancora più preoccupante, sociologicamente parlando, e probabilmente c’è una non accettazione della trasformazione antopologica che ha portato all’emancipazione della donna.”
Interessante, e sicuramente il più attuale e pericoloso, è il cyberstalking. Può descriverci l’atto criminale che si compie e come le vittime vengono adescate?
“Le vittime, nel cyberstalking, vengono adescate in chat. E nel fantastico mondo di internet è molto più facile tendere trappole che nella vita reale. L’empatia che si crea nel territorio virtuale, tra due sconosciuti, è molto più forte e travolgente. Perchè non ci si vede e perchè il sentirsi vicini mentalmente, malgrado la distanza fisica, crea spazi magici da condividere. All’interno di questa favola virtuale l’insidia di stalker è molto più forte e molto più veloce rispetto alla realtà.”
Il vortice del silenzio. Le vittime di stalking spesso non denunciano il proprio aguzzino. Cosa ci può dire?
“Chi subisce stalking spesso non ha il coraggio di denunciare perchè l’aguzzino è in genere un ex partner, una persona con la quale si è condiviso un percorso di vita, sensazioni ed emozioni belle. In virtù del passato e delle condivisioni fatte, le vittime non riescono a denunciare i comportamenti ossessivi. Perchè inizialmente non li decodificano, ma anzi li giustificano. Perdonano, si sentono in colpa per aver lasciato e per aver provocato sofferenza all’ex. Ecco, in virtù di questo il mio consiglio è: denunciare subito, non farsi impietosire, perchè quei comportamenti ossessivi nel tempo si inaspriranno, invece di scemare. E intanto l’illusione del “periodo che passerà” si trasforma in un incubo.”
La normativa anti stalking, approvata recentemente, è opportuna? Quali gli aspetti positivi e quelli negativi?
“L’approvazione della legge sullo stalking è una grande traguardo, che arriva a 18 di distanza dalla normativa statunitense. Nessun aspetto negativo: il fatto di aver riconosciuto lo stalking come un reato, punibile fino a 4 anni di reclusione, è decisamente positivo. La critica va senz’altro al ritardo col quale arriva questa legge.”
Da donna come condanna questa minaccia dello stalking?
“Essere prigioniere di un ammiratore oppure ostaggio di un ex è un po’ come essere messi in carcere ingiustamente. La violenza piscologica è molto più insidiosa di quella fisica, perchè si passa da una fase di schiaccianti sensi di colpe (ovvero colpe senza senso) a una di privazione della propria libertà. Oggi la donna ha la stessa libertà e la stessa forza di poter dire no, basta, non ci sto a un uomo. E per questo non può scivolare in un incubo.”
Questo libro ha affermato ancora il rapporto professionale con Emilio Radice. Come si conduce un’inchiesta giornalistica in due persone?
“Come per il nostro primo libro-inchiesta “Cocaparty, storie di ragazzi tra sballi, sesso e cocaina”, anche qui abbiamo lavorato a quattro mani, dividendoci i soggetti da intervistare e scrivendo poi ognuno le proprie storie, confrontanosi continuamente nella selezione delle vicissitudini e dei drammi da raccontare.”